martedì 27 gennaio 2015

Giornata della Memoria, i cinque libri per non dimenticare

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Giornata della Memoria, i cinque libri per non dimenticare

di Amleto de Silva

Il bello di scrivere di libri è che hai a che fare, se sai scegliere, ovviamente, con le cose belle. E la cosa bella delle cose belle è che sono incontrovertibili: hai voglia a dire e hai voglia a fare, una cosa bella non la puoi spiattellare là urlando in un qualche talk show becero, non la puoi usare per argomentare qualsiasi fesseria ti venga in mente; non la puoi piegare a uso e consumo di una parte politica, perché contiene in sé qualcosa che non ha appartenenza se non umana. Per questo, in occasione del Giorno della Memoria, scrivo queste due righe e poi lascio parlare chi ha titolo e bravura per farlo. Cinque libri imprescindibili, punto e basta.

1) Giorgio Bassani, Il giardino dei Finzi-Contini"Guardavo in giro ad uno ad uno zii e cugini, gran parte dei quali di lì a qualche anno sarebbero stati inghiottiti dai forni crematori tedeschi, e certo non lo immaginavano che sarebbero finiti così, né io stesso lo immaginavo, ma ciò nondimeno già allora, quella sera, anche se li vedevo tanto insignificanti nei loro poveri visi sormontati dai cappellucci borghesi o incorniciati dalle borghesi permanenti, anche se li sapevo tanto ottusi di mente, tanto disadatti a valutare la reale portata dell'oggi e a leggere nel domani, già allora mi apparivano avvolti della stessa aura di misteriosa fatalità statuaria che li avvolge adesso, nella memoria".

2) Fred Uhlman, L'amico ritrovato. "Mio padre detestava il sionismo, che giudicava pura follia. La pretesa di riprendersi la Palestina dopo duemila anni gli sembrava altrettanto insensata che se gli italiani avessero accampato dei diritti sulla Germania perché un tempo era stata occupata dai romani. Era un proposito che avrebbe provocato solo immani spargimenti di sangue, perché gli ebrei si sarebbero scontrati con tutto il mondo arabo. E comunque cosa c'entrava lui, che era nato e vissuto a Stoccarda, con Gerusalemme?
Quando il sionista accennò ad Hitler, chiedendogli se il nazismo non gli facesse paura, mio padre rispose: «Per niente. Conosco la mia Germania. Non è che una malattia passeggera, qualcosa di simile al morbillo, che passerà non appena la situazione economica accennerà a migliorare. Lei crede sul serio che i compatrioti di Goethe e di Schiller, di Kant e di Beethoven si lasceranno abbindolare da queste sciocchezze? Come osa offendere la memoria dei dodicimila ebrei che hanno dato la vita per questo paese? Für unsere Heimat?".


3) Hannah Arendt, La banalità del male. "Eichmann era convintissimo di non essere un "innerer Schweinchund", cioè di non essere nel fondo dell'anima un individuo sordido e indegno; e quanto alla consapevolezza, disse che sicuramente non si sarebbe sentito la coscienza a posto se non avesse fatto ciò che gli veniva ordinato - trasportare milioni di uomini, donne e bambini verso la morte - con grande zelo e cronometrica precisione. Queste affermazioni lasciavano certo sbigottiti. Ma una mezza dozzina di psichiatri lo aveva dichiarato«normale,» e uno di questi, si dice, aveva esclamato addirittura: «Più normale di quello che sono io dopo che l'ho visitato,» mentre un altro aveva trovato che tutta la sua psicologia, tutto il suo atteggiamento verso la moglie e i figli, verso la madre, il padre, i fratelli, le sorelle e gli amici era «non solo normale, ma ideale»".

4) Primo Levi, Se questo è un uomo.  "La persuasione che la vita ha uno scopo è radicata in ogni fibra di uomo, è una proprietà della sostanza umana. Gli uomini liberi dànno a questo scopo molti nomi, e sulla sua natura molto pensano e discutono: ma per noi la questione è piú semplice. Oggi e qui, il nostro scopo è di arrivare a primavera".

5) Anna Frank, Diario. "Una voce singhiozza entro di me: "Vedi a che ti sei ridotta: cattive opinioni, visi beffardi e costernati, gente che ti trova antipatica, e tutto perché non hai dato ascolto ai buoni consigli della tua buona metà". Ahimè, vorrei ben ascoltarla, ma non va; se sto tranquilla e seria, tutti pensano che è una nuova commedia, e allora bisogna pur che mi salvi con uno scherzetto; per tacere della mia famiglia che subito pensa che io sia ammalata, mi fa ingoiare pillole per il mal di testa e tavolette per i nervi, mi tasta il collo e la fronte per sentire se ho febbre, si informa delle mie evacuazioni e critica il mio cattivo umore. Non lo sopporto; quando si occupano di me in questo modo, divento prima impertinente, poi triste e infine rovescio un'altra volta il mio cuore, volgendo in fuori il lato cattivo, in dentro il lato buono, e cerco un mezzo per diventare come vorrei essere e come potrei essere se... se non ci fossero altri uomini al mondo.
La tua Anna
".

Ecco, mentre Anna Frank si preoccupava delle meravigliose quanto drammatiche inezie dell'adolescenza,  gli altri uomini al mondo, in uniformi naziste, rastrellavano il quartiere. La troveranno tre giorni dopo.

Anna scompare a Bergen Belsen pochi giorni prima della liberazione dell'Olanda

GIORNATA DELLA MEMORIA 2015


Da Corriere della Sera del 27/01/15
http://digitaledition.corriere.it

 CON IL DIARIO DI ANNE FRANK LA MEMORIA VINCE SULL’OBLIO.

 La memoria è preziosa ma fragile. L’oblio, invece, è puntuale, spietato. Lo scrittore francese Patrick Modiano si è sentito chiedere, giustamente, se il Nobel per la letteratura fosse il riconoscimento alla sua incomparabile «arte della memoria», specie del periodo dell’occupazione tedesca. Modiano, famiglia ebraica di origine italiana, ha risposto sicuro che il tema di fondo dei suoi libri non è la memoria. È l’oblio. Ovvero quello «strato che ricopre tutto ciò che è vissuto» di una patina grigia in cui colpe e meriti finiscono per essere indistinguibili. Vittime e carnefici sono posti sullo stesso piano. Il bene si confonde con il male. E nel male c’è persino più romanzo. La sua forza d’attrazione e seduzione è potente, persino invincibile.

La memoria crea squarci di verità e di giustizia. Ma la luce è fioca. Ci ricordiamo il nome dell’aguzzino Eichmann non i nomi delle sue vittime. Sappiamo tutto di Kappler e di Priebke, assai meno dei martiri delle Ardeatine. I giusti furono tanti ma in gran parte sono rimasti anonimi, senza volto pubblico. I nazisti, prima di avviare gli ebrei alle camere a gas, li spogliarono di tutto. Con scrupolosità scientifica. Non solo dei beni personali, dei vestiti, persino delle protesi dentarie, ma anche dell’identità. Numerarono i deportati come fossero pezzi, non persone. Scarti umani pronti a essere ammassati gli uni sugli altri come materiale inorganico. Rifiuti.

Qualche volta la Storia appare involontariamente complice dei suoi protagonisti peggiori. Si occupa fatalmente più dei colpevoli, ne costruisce un profilo di malvagità che inevitabilmente sprigiona un fascino cupo e seduttivo. Relega le vittime dietro le quinte degli avvenimenti in una rispettosa seppur anonima irrilevanza. Le schiaccia inconsapevolmente nell’indistinto, nella perdita totale di quella identità che era obiettivo ultimo dei loro carnefici.

Per fortuna dell’umanità abbiamo avuto Anne Frank, il suo diario, i suoi scritti, la sua figura limpida. Non solo lei, ma soprattutto tanti altri che ne hanno parlato dopo. Lei, purtroppo, ha scritto prima. Possiamo però immaginare che cosa avrebbe potuto scrivere se ci fosse stato un dopo. Ma a distanza di settant’anni, l’adolescente tedesca, poi privata della sua nazionalità, dunque apolide, nascosta per quasi due anni nell’alloggio segreto di Prinsengracht 263 ad Amsterdam, è ancora presente nel nostro immaginario collettivo, nella nostra coscienza individuale. Come una figlia, come una sorella. Siede accanto a noi e ci intrattiene con la sua voglia di vivere, incontenibile anche nei particolari più insignificanti della quotidianità nel suo nascondiglio.

Anne ascoltò alla radio, nella primavera del 1944, il discorso di un membro del governo olandese in esilio. Il ministro dell’Educazione Bolkestein esortava la popolazione a non disperdere le testimonianze e i documenti della sofferenza subita durante l’occupazione nazista. Solo così, a guerra finita, la verità dei fatti sarebbe potuta emergere. Intatta e monito per le future generazioni. Fu in quel momento che Anne cominciò a pensare e a scrivere il suo diario, nella costante preoccupazione di renderlo comprensibile ai futuri lettori. Lo ricopiò, lo migliorò, lo rese più fluido, lo innervò con una sorta di trama. Ed ebbe la paura dell’oblio che sarebbe sceso — riecco Modiano — al pari di un velo grigio, una polvere sottile, sulle vite dei sommersi, dei suoi cari, degli altri componenti dell’alloggio segreto. Come la cenere uscita dai camini di Auschwitz e degli altri campi di stermino: si adagia silenziosa con il suo carico di morte sulle quiete coltivazioni circostanti, ma è invisibile già dal primo raccolto, disperso dopo pochi giorni il dolciastro odore della morte. La terra ne perde subito la memoria. «La sua cenere è muta e dispersa nel vento» ricordò poi Primo Levi in una poesia dedicata alla «fanciulla d’Olanda murata fra quattro mura, che pure scrisse la giovinezza senza domani».

I diari di Anne sfuggirono all’occhio attento e gelido del sottufficiale delle SS Karl Josef Silberbauer, che scoprì, al di là degli schedari della casa olandese, il nascondiglio di Anne, il 4 agosto 1944. E che per fortuna non ebbe notorietà storica superiore alle sue vittime. I diari furono custoditi come reliquie e consegnati, a guerra conclusa, al padre di Anne, il signor Otto Frank, scampato al lager, che ne curò la pubblicazione, omettendone qualche parte più strettamente privata. Nel 1998, vennero ritrovati alcuni fogli manoscritti con qualche critica alla madre. Il padre forse difendeva un minimo di intimità della propria famiglia e probabilmente in questo modo ne preservava l’unità spezzata violentemente dalla Shoah. Riuniva ancora una volta la sua famiglia al riparo degli sguardi estranei. Come se volesse ricostruire l’atmosfera dell’alloggio segreto nel quale gli otto occupanti vissero nel quotidiano terrore di essere scoperti. Nella gioia di ritrovarsi insieme, di condividere non solo un destino, assai cupo, ma anche le piccole faccende di casa, i gesti più banali. Affetti, rivalità, gelosie. Sciocchezze.

La vita di Anne fu insopportabilmente breve. Ma l’eternità del suo diario ce la restituisce, a ogni lettura, nella sua bellezza adolescenziale. Con quel suo sorriso aperto alla vita. Rileggendola, ho pensato alla Vita è bella di Benigni e al padre che nasconde al figlio, fino all’ultimo, la tragedia della deportazione inventandosi un improbabile grande gioco. Perché, dopotutto, gli uomini sono buoni e la giustizia prima o poi trionfa. Ma è veramente così? Mi è tornato in mente anche Gyurka, l’adolescente suppergiù della stessa età di Anne — protagonista di Essere senza destino dell’ungherese, anche lui premio Nobel, Imre Kértesz – che non si arrende alla realtà e si aggrappa a ogni piccolo particolare o dettaglio che possa alimentare la sua incrollabile speranza di vita.

Anne non fu una persona senza destino perché ebbe il destino di rivivere nel suo diario, di raccontarci ogni giorno la sua testimonianza di vita. E di sconfiggere, scrivendo, i suoi carnefici e i ricorrenti miserabili tentativi negazionisti.

Il piano della Shoah prese corpo in riva al Wannsee, il lago vicino a Berlino, il 20 gennaio 1942, nella conferenza durante la quale i gerarchi nazisti decisero lo sterminio totale, la completa «pulizia etnica», del popolo ebraico. Nessuno poté immaginare allora che l’arma di difesa più potente dell’umanità assediata dall’odio e dall’ideologia totalitaria sarebbe stata l’innocuo diario di un’adolescente tedesca riparata con la famiglia ad Amsterdam e poi morta a Bergen-Belsen. La storia sarebbe stata diversa se il sottufficiale delle SS, il poco noto Silberbauer, avesse sequestrato e distrutto gli scritti di Anne. Così come la memoria della Shoah avrebbe faticato a imporsi alla forza dell’oblio se Primo Levi o Elie Wiesel — per citare solo alcuni dei grandi testimoni — non fossero tornati alle loro case. E non avessero deciso di raccontare la loro dolorosa esperienza. La nostra coscienza sarebbe più povera. La Storia pericolosamente incompleta. E ancora più deboli gli anticorpi della nostra civiltà contro l’insorgenza di nuove forme di razzismo, di intolleranza verso il diverso, di indifferenza per le persecuzioni, le ingiustizie, i soprusi perpetrati contro chi ha unicamente la colpa di esistere, di stare al mondo. Come Anne, che voleva vivere soltanto la sua giovinezza. Nulla di più. E tentò di viverla, nonostante tutto fino all’ultimo. Anche quando la ragione, al di qua di un filo spinato, non lasciava più alcuna speranza.

domenica 25 gennaio 2015

OPEN DAY 25 GENNAIO















LABORATORIO EXPÒ 2015


LABORATORIO PROGETTO CONTINUITÁ




LABORATORIO COMENIUS


LLABORATORIO DI SCIENZE



LABORATORIO ROBOCUP



LABORATORIO MUSICALE



Lara Angelucci all'Open day


OPEN DAY 2015

Si è svolto dalle  ore 16 del 24 gennaio ed è proseguito nella mattina del 25 l'Open Day della scuola media.
Gli alunni coinvolti hanno presentato i laboratori  con grande entusiasmo, spiegando i contenuti ai genitori intervenuti numerosi.
La fotogallery documenta il successo di pubblico.














 
 
 
 
 



venerdì 23 gennaio 2015

giovedì 22 gennaio 2015

martedì 13 gennaio 2015

TRASLOCO OLTRE 300 STUDENTI DELLA DANTE ALIGHIERI


COMUNICATO STAMPA - TRASLOCO OLTRE 300 STUDENTI DELLA DANTE ALIGHIERI
RIUNIONE PREFETTO
13-01-2015

  “Una struttura capace di ospitare tutti i circa 320 studenti della Scuola media Dante Alighieri, capace di andare incontro alle richieste delle famiglie e di non pesare ulteriormente sulle casse comunali e quindi sugli spoltoresi, comoda da raggiungere come qualità di collegamento e in termini di distanza sia per gli alunni che per il personale scolastico e docente. Questi sono stati i criteri che, dopo un intenso lavoro con gli  uffici e di ascolto di tutte le esigenze, ci hanno portato ad individuare la struttura del Centro di Formazione della Provincia in via Passolanciano a Pescara come la soluzione migliore per il trasloco degli studenti della Dante Alighieri. Una soluzione condivisa con il Presidente della Provincia e che ho voluto portare al tavolo operativo di questa mattina con il Prefetto di Pescara”. E’ quanto ha dichiarato il Sindaco di Spoltore, Luciano Di Lorito, al termine della riunione che si è tenuta questa mattina nei locali della Prefettura di Pescara con il Prefetto, Vincenzo D’Antuono,  a cui hanno partecipato il Presidente della Provincia, Antonio Di Marco, il sindaco di Pescara, Marco Alessandrini, la dirigente scolastica provinciale, Dott.ssa Rita Sebastiani, sul trasloco degli studenti della scuola Media Dante Alighieri per i lavori di adeguamento antisismico, finanziati dal piano #scuolesicure del governo.

 “L’ufficializzazione della notizia – ha continuato il sindaco Di Lorito -  arriva dopo un intensissimo lavoro che ho portato avanti  per assicurare che non ci fossero controindicazioni ed intoppi e al fine di informare i soggetti istituzionali coinvolti che hanno avallato questa soluzione.  Ringrazio il Prefetto per la sua disponibilità, il presidente Di Marco, perché in questi mesi ci ha fortemente sostenuto, accogliendo con favore questa soluzione, ed il sindaco di Pescara, perché ci metterà a disposizione il Palazzetto dello Sport di via Rigopiano per le attività sportive dei ragazzi. Ringrazio i docenti e le famiglie di Spoltore, perché sopportano un disagio temporaneo che però verrà ripagato con la certezza di avere una scuola sicura dove far andare i nostri figli”.  La struttura della Provincia, inoltre, è dotata di pareti mobili che verranno modulate in base alle necessità didattiche.

“Questa è la soluzione migliore – ha concluso il sindaco – perché risponde pienamente alle richieste delle famiglie e del personale scolastico, ma soprattutto perché garantisce ai ragazzi continuità didattica in un ambiente sicuro e comodo, senza stravolgimenti negli orari scolastici e di composizione delle classi. Inoltre, non comporta costi per la collettività. Come Comune ci stiamo già attivando per garantire le migliori soluzioni per il trasporto dei ragazzi e domani incontreremo i cittadini in una assemblea pubblica alle ore 17.00, nella Sala del Consiglio, per informarli al meglio e dare ulteriori dettagli”.

“La Provincia – ha aggiunto il presidente Di Marco - si occuperà di organizzare la struttura con la sistemazione della classi ed il trasloco del materiale presente. Uno sforzo notevole, davanti al quale, però, non ci siamo tirati indietro, per evitare ai ragazzi dell’Alighieri e alle loro famiglie ulteriori disagi. Abbiamo lavorato sinergicamente con gli altri enti per trovare la soluzione più efficace e meno impattante per la comunità scolastica, alla luce del fatto che questo trasferimento momentaneo è necessario per rendere la scuola ancor più sicura e che i tempi dell’intervento ci sono stati imposti dal governo”.